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“La bellezza salverà il mondo”, si apre con questa riflessione la serata di musica, teatro e danza che ha visto i nostri studenti e le nostre studentesse dell’I.C. “66 Martiri” e dell’Istituto Majorana impegnati in un progetto interscolastico per la Giornata della Memoria.
E allo spettacolo della bellezza abbiamo certamente assistito l’altra sera. La lettura di una partitura musicale, il muovere il corpo in una danza, il dar voce con espressione alle parole di grandi uomini ci ha restituito il senso della bellezza come forza e creatività.
Guardavo con ammirazione i gesti dei miei colleghi che dirigevano i ragazzi per consentire loro di suonare armonicamente, quell’essere sempre attenti ad ogni strumento, all’impulso che il gesto, a tratti, imprimeva per rinnovare l’attenzione e l’andamento dell’orchestra. Altrettanto ammirata guardavo gli sguardi dei ragazzi verso chi li dirigeva e quelli che si scambiavano tra loro.
Rintracciavo così, in questo convergere verso la stessa direzione, pur considerando le specificità di ognuno, il generarsi di armonie e, ad emozionarmi, era quella considerazione profondissima dell’altro, quella coralità che è gesto sacro.
Tuttavia la bellezza a cui abbiamo assistito è il risultato di un percorso che ha richiesto studio e, dunque, tempo e fatica.
Questo per dire che l’assioma de "la bellezza che salverà il mondo” non mi ha mai troppo convinta.
La bellezza per manifestarsi esige che si mettano in campo azioni da parte dei professionisti dell’educazione capaci di credere profondamente in quello che fanno. Esige che ci siano quelli sguardi attenti che sanno accogliere e che siano abbastanza lungimiranti per tracciare orizzonti di senso. Esige che si sia capaci di presidiare i luoghi di educazione dall’imperante volgarità che investe il mondo. Esige che si prospettino alternative a quell’autismo corale del virtuale entro il quale si tende a confinare i nostri ragazzi che crescono. Esige che si scovi l’imbroglio della modernità che trasforma tutto in un prodotto da presentare sul mercato. Esige una disciplina, parola temuta da chi si improvvisa, e che invece ci permette di scoprire, esplorare, inventare ed essere artefici della nostra vita e perché no, una volta appresa la lezione, di indisciplinarci. Esige che si faccia un uso accorto delle parole, consapevoli del fatto che le trasformazioni valoriali avvengono a partire dalle parole.
Quante volte quando si parla di insegnanti sentiamo pericolose parole quali “missione" o "passione” capaci di svuotare in un colpo solo la professionalità di chi svolge questo mestiere.
Esige insomma che si faccia EDUCAZIONE, che si torni ad avere il CORAGGIO di educare, che si torni a tracciare una rotta perché la tendenza degli ultimi anni è quella di navigare a vista. C’è dunque bisogno delle idealità lungimiranti dell’educazione perché il rischio è quello dello smarrimento collettivo.
E allora, grazie ai nostri studenti e alle nostre studentesse e a tutti i docenti impegnati che l’altra sera ci hanno insegnato che è “L’Educazione che salverà il mondo”.
A cura della Prof.ssa Mirella Di Vincenzo